Dopo
l’uscita, nell’ottobre 2011, delle linee guida dell’Istituto
Superiore di Sanit�, sul trattamento dei disturbi dello spettro
autistico, gli psicanalisti hanno alzato la voce per reclamare un
loro spazio nella gestione dell’autismo, spazio che viene loro
negato dalle linee guida, in quanto la psicanalisi non viene neppure
nominata.
Ma
in che cosa consiste la “cura” psicanalitica dell’autismo?
Sentiamolo dalla viva voce di una mamma che ha “subito” questa
cura non molti anni fa.
Psicanalisi?
No, grazie
Desidero
raccontare una storia. Potrebbe avere per protagonisti uno, nessuno e
centomila di noi, e la trama sarebbe la stessa.
La
mia gravidanza, cercata, � arrivata ad un'et� in cui, nel
1987, venivo definita primipara d'et� avanzata. Come
tale, ero facilmente etichettata come ansiosa ogni volta che riferivo
impressioni sul comportamento di mio figlio.
Dopo
un paio di visite NPI, sempre sollecitate da me, all'et� di tre
anni, gli venne finalmente diagnosticata una "disarmonia
evolutiva" per la quale fu consigliata dalla AUSL una terapia
psicoanalitica. Altrettanto avremmo dovuto fare noi genitori, sia
singolarmente, sia in coppia.
Potendoci
garantire il servizio pubblico solo una seduta
quindicinale come coppia genitoriale, decidemmo di rivolgerci per il
bambino ad una collaborazione privata.
La
Psicologa ci fu consigliata dalla Neuropsichiatra, che inizi� quindi
con la Collega un rapporto di collaborazione e consulenza sul nostro
caso.
Il
bambino ( dai tre ai sei anni) si recava due/tre volte la settimana
dalla sua Psicologa.
Io
dovevo accompagnarlo nel cortile del condominio e, a parte le
prime due volte, evitare anche di salire al piano, per non "inquinare
con la mia presenza il setting terapeutico".
Non
capivo, ma mi adeguavo. Stavo facendo tutto quanto potevo per
normalizzarlo, dunque, bando alle prese di posizione. Pensai che la
vita mi stava dando una lezione di umilt�.
Inoltre,
ogni due settimane io e mio marito andavamo al macello da una
NPI che rigirava il coltello nelle carni con domande tipo:
"Lei
� certa di avere desiderato suo figlio? Sappiamo dal personale
dell'asilo nido che suo figlio � stato soprannominato "il
Principino" per essere sempre ben agghindato: sa che spesso un
eccesso di maternage nasconde un rifiuto inconscio? Cosa rimpiange di
pi� della sua vita prima che nascesse suo figlio?
Quali
sensazioni di disagio ha avvertito durante la gestazione? La
infastidiva sentire i movimenti fetali? “
A
questa domanda feci l'errore di rispondere che s�, qualche
volta i movimenti erano continuati cos� a lungo, e addirittura il
bimbo aveva il singhiozzo in utero, da crearmi veramente una
sensazione di fastidio. Credevo di essere di fronte ad una persona
che, come me, cercava di capire le motivazioni per cui il mio piccolo
non era come gli altri ed ero disperatamente sincera.
Stavo
invece subendo un processo di cui non conoscevo il capo d'accusa.
Seppi
anni dopo che una docente di una facolt� di Psicologia della
mia Regione stava preparando un lavoro sul nesso fra insofferenza
della madre ai movimenti fetali ed incidenza di autismo (!!)
Nei
tre anni di "terapia" credo che la Psicologa che aveva in
cura mio figlio abbia fatto anche qualcosa di buono. Ad esempio
giochi di ruolo, uso di piccoli strumenti musicali, registrazione
della propria voce e riascolto, etcc... Del resto, come avrebbe
potuto fare una psicoterapia ad un bimbo poco verbalizzante, e
comunque incapace di comunicare, di disegnare?
Alcune
di queste cose mi sono state raccontate da mio figlio anni dopo,
altre appena accennate nei colloqui che la Psicologa stessa aveva con
noi periodicamente per riferirci dei progressi. La diagnosi di
autismo le si affacci� alla mente, e si disse molto preoccupata per
questo, ma poi si consult� con alcune colleghe, facendole
intervenire in studio durante le sedute (e senza avvisarci), e i
dubbi furono fugati. Cos�, non cercai di informarmi meglio su questo
sconosciuto “autismo”.
Ricordo
che mi venne chiesto di comperare una bambola Barbie, possibilmente
somigliante a me che, allora, curavo abbastanza la mia persona.
Feci anche questo, pur chiedendomi cosa ci fosse di cos� strano
nell'essere curate, truccate ed attraenti, da meritare
un'attenzione dello psicoterapeuta di mio figlio, visto che non lo
trascuravo comunque e che mi consideravo una persona tutt'altro che
frivola.
Dopo
tre anni (e 18 milioni e mezzo di Lire, correva l'anno 1993)
mio figlio inizi� a non voler pi� andare nello studio. Si
aggrappava alle portiere dell'auto in cui io (sempre per non
inquinare) restavo ad aspettare, estate ed inverno, e urlava
disperato.
Lo
costrinsi una, due volte a partecipare comunque alle sedute perch�
mi veniva detto che questo era un segno positivo. Stava
avvenendo un cambiamento, troppo faticoso per lui da accettare,
quindi la sua ribellione era segno che avevamo scalfito il bozzolo..
Allora
rialzai la testa, superai il dolore e valutai razionalmente la
situazione.
Alla
scuola materna mio figlio veniva isolato dal gruppo per molto tempo,
affidato ad una maestra/mamma, che avrebbe dovuto ricostruire il
rapporto carente avuto con me, privilegiando il rapporto a due
rispetto a quello di gruppo. Anni dopo ho visto piangere questa
maestra per il dolore di aver, seppure senza averne colpa, applicato
su mio figlio gli approcci inadeguati che le venivano consigliati.
Nessun operatore era autorizzato a parlarci in privato, n� a
stringere rapporti di amicizia, e tantomeno avere contatti
telefonici con noi. Non eravamo al corrente di cosa si facesse
alla scuola materna, se non per grandi linee, non fummo mai
coinvolti ad usare a casa metodi analoghi .
Pensai
che era giunto il momento di dare fiducia a me stessa ed a mio
figlio, ed entrambi noi sentivamo che non si stava facendo per lui
nulla di buono. La rottura del "contratto terapeutico" con
la Psicologa fu una farsa nella farsa. Si rifiut� di parlarci oltre
e stabil� che avremmo avuto rapporti solo in forma scritta,
rivolgendosi alla NPI dell'AUSL per un supporto sulla relazione che
le avevamo richiesto, in uno zibaldone di competenze fra pubblico e
privato che oggi meriterebbe una segnalazione.
Solo
due anni dopo, in seguito alla visione del film "Rain man"
cominciai ad avere la certezza che mio figlio fosse affetto da questa
cosa...chiamata autismo, di cui non sapevo neppure il significato.
L'incontro
con la D.ssa Visconti di Bologna fu l'inizio di un nuovo corso,
purtroppo troppo tardivo, perch� la diagnosi di autismo arriv�
superati gli otto anni d'et�.
Il
bambino geniale che aveva imparato a leggere da s�, che sapeva
risolvere radici quadrate, aveva perso l'opportunit� di modificare i
suoi comportamenti e di imparare una comunicazione efficace proprio
negli anni di maggiore plasticit� del cervello, restando segnato
anche da adulto da problemi comportamentali che minacciano di
offuscare le sue pur notevoli competenze.
A
quel tempo, il Responsabile della NPI della mia citt� che, vedendo
le valutazioni e la diagnosi della D.ssa Visconti (Operatore
della Sanit� pubblica!) scrisse sulla cartella clinica di mio
figlio "si interrompe il rapporto con la famiglia, che ha
effettuato scelte in aperto contrasto con quelle di questo Servizio"
fu molto fortunato.
Fortunato
perch� a quel tempo non avevamo le consapevolezze che abbiamo poi
maturato, le conoscenze scientifiche allora erano scarse, anche per
la mancanza di internet, e noi non lo denunciammo.
Per
amore, solo per amore, noi genitori ci siamo resi
complici per anni di tali assurde situazioni.
Per�
� venuto da anni il tempo della consapevolezza e mai
avrei pensato di raccontare ancora questa storia, che a qualcuno
sembrer� appartenente al passato. Forse a questi il contenuto
autobiografico dar� anche un senso di fastidio .
Eppure,
questa � stata la “solita storia” per diverse generazioni di
persone autistiche e dei loro genitori.
Ci�
che si crede ormai sepolto a volte ritorna, modificando le sue
sembianze, occultandosi dietro patine di “buonismo” e “buone
intenzioni” che giovano solo a chi ne trae profitto economico o
resta per arroganza fermo su obsolete piattaforme culturali.
Nessuno
potr� mai risarcire gli adulti autistici di ci� che � stato loro
sottratto, perch� l'ipotesi psicogenetica � stata sostitutiva, e
non parallela, agli approcci che oggi vediamo con l'esperienza essere
pi� vantaggiosi per la loro abilitazione, n� avrebbe potuto essere
diversamente, considerati i presupposti da cui si sono sviluppate
certe teorie.
Nessun
dolore, neppure quello della colpevolizzazione inflitta a noi madri,
pu� essere pi� profondo di questa consapevolezza . "
Noemi
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